Luigi Luzzatti

Tipologia Fondo
Data cronica
1830 - 1965
[VUOTO]

Tipologia

Fondo

Contenuto

Il fondo contiene la documentazione raccolta e prodotta da Luigi Luzzati durante lo svolgimento della sua attività di uomo politico, economista e docente; nonché documentazione relativa alla sua vita privata.
Il complesso documentario è costituito da corrispondenza, di carattere pubblico e privato e da materiale eterogeneo utilizzato nello svolgimento delle attività suddette, manoscritto e a stampa (note, appunti, prospetti, relazioni, testi, etc.).

Consistenza rilevata

Consistenza (testo libero)
fascc. 7018, album 1

Storia istituzionale/Biografia

Il testo è tratto da Dizionario biografico degli italiani, vol. LXVI, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, 2006, s. v. Luzzatti, Luigi, a cura di P. Pecorari - P.L. Ballini, pp. 724-733.

Nacque a Venezia il 1° marzo 1841 da Marco ed Enrichetta Tedeschi, in una benestante famiglia israelitica. Il padre possedeva due fabbriche, una di coperte di lana e una per la pettinatura della canapa greggia. Dopo aver frequentato la scuola elementare privata del maestro A. Ancona, nel 1850-51 passò al liceo S. Caterina, dove fu allievo di G. Zanella e G. Politeo. Dal primo apprese il valore irrinunciabile della libertà di coscienza e della tolleranza religiosa, dal secondo il senso filosofico dell'antidogmatismo.
Verso i sedici anni maturò una "presa di coscienza razionalistica e laica" (M. Berengo, Luigi Luzzatti e la tradizione ebraica, in Luzzatti e il suo tempo. Atti del Convegno internazionale di studio, 1991, a cura di P.L. Ballini - P. Pecorari, Venezia 1994, p. 528), che lo portò ad allontanarsi dal giudaismo, cui fin dall'infanzia lo aveva indottrinato M. Soave. Nel medesimo torno di tempo si legò di amicizia con E. Castelnuovo e P. Cassani, E. Lattes e A. Errera, mentre più tardi (1861), auspice Zanella, divenne sodale di F. Lampertico, che influì sulla sua formazione e con il quale l'intesa personale durò tutta la vita. Nel 1858 Luzzatti si iscrisse alla facoltà politico-legale dell'Università di Padova, dove conobbe G. Tolomei, docente di diritto criminale, che si ispirava a un'antropologia aristotelico-tomistica; L. Bellavite, professore di diritto civile, che teorizzava il primato dell'etica sul diritto e sull'economia; A. Messedaglia, ordinario di economia politica e cultore di statistica, del quale divenne discepolo prediletto (poi amico) e sotto la cui guida studiò i problemi del credito, della produzione, della circolazione, della distribuzione e della finanza pubblica.
Laureatosi il 13 ago. 1863, dopo circa due mesi pubblicò il suo primo lavoro scientifico, La diffusione del credito e le banche popolari (Padova 1863), nel quale, rifacendosi a H. Schulze-Delitzsch, propugnava la funzione sociale del credito, facendo confluire in un originale mixtum compositum esigenza di risparmio volontario e offerta di capitali a basso costo, accumulazione finanziaria e attenuazione del rischio, lotta all'usura e prospettive di sviluppo: il tutto entro una cornice teorica permeabile al volontarismo e allo storicismo, e dunque sostanzialmente antinaturalistica. Rispetto al modello schulziano, Luzzatti introdusse il principio della responsabilità limitata al posto di quella illimitata, insistendo pure sul voto capitario, sui bassi tassi d'interesse, sul potenziamento delle riserve, sul frazionamento degli impieghi per settore e per destinatari.
Alla fine del 1863 si trasferì a Milano, dove prese a insegnare statistica ed economia politica all'Istituto tecnico superiore, partecipando nel contempo al dibattito politico nazionale. Pubblicò numerosi articoli nei giornali «Il Sole» e «La Perseveranza», diffondendo le proprie idee sul credito e adoperandosi a tradurle in pratica: infatti, insieme con T. Zalli, fondò nel 1864 la Banca popolare di Lodi, prima banca popolare italiana. Sempre nel 1864 sposò Amelia Levi, figlia di M. Levi e nel 1866, avvenuta la liberazione del Veneto, su proposta di Messedaglia e Tolomei, fu nominato professore straordinario di diritto costituzionale all'Università di Padova. Non accettò subito la nomina e per quasi un anno rimase nella metropoli lombarda, dove contribuì alla nascita dell'Associazione industriale italiana (1867) e prese posizione sulla necessità di misure atte a ripristinare la convertibilità metallica (il 1° mag. 1866 il ministro A. Scialoja aveva introdotto il corso forzoso della cartamoneta), contro ogni ipotesi di centralismo bancario. Nell'ottobre 1867, cedendo alle insistenze di Messedaglia e Tolomei, accettò la cattedra patavina, entrando cosi a far parte del gotha intellettuale accademico veneto, allora filominghettiano, il che non gli impedì di mantenere una propria autonomia, come provano i suoi rapporti con Q. Sella, nonché i tentativi di mediare tra Sella e M. Minghetti.
Il rientro a Padova consenti a Luzzatti di riprendere le antiche frequentazioni veneziane e di allacciare nuovi rapporti con gli esponenti di maggiore spicco delle istituzioni culturali, amministrative ed economiche cittadine: divenne socio dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti e collaborò con i notabili moderati del Comune lagunare (giunte Giustinian e Giovanelli), della Provincia e della Camera di commercio. Da queste frequentazioni (specie con E. Deodati, vicepresidente della Provincia), oltre che da una convergenza (più tardi venuta meno) con F. Ferrara, trasse origine il progetto di istituire in Venezia una Scuola superiore di commercio (Ca' Foscari), alla cui definizione e realizzazione Luzzatti diede un apporto decisivo sul piano degli obiettivi pedagogico-formativi, dei programmi di studio e persino della selezione del corpo docente.
Nel 1869, benché non ancora deputato (lo divenne nel 1871) e neppure in età parlamentare, fu nominato da Minghetti segretario generale del Ministero di agricoltura, industria e commercio. Nei mesi in cui ricoprì la carica (30 mag. - 28 nov. 1869) si occupò di credito agrario, di economia forestale, di istruzione industriale e professionale, di vigilanza sulle società commerciali e sugli istituti di credito, di riforma del codice di commercio, di politica doganale: ambiti operativi, questi, che lo assorbirono anche nel 1871-73, quando tornò alla segreteria generale dello stesso ministero con S. Castagnola. Quasi contemporaneamente, esaminando l'andamento della bilancia commerciale italiana dopo il trattato di commercio italo-francese del 1863, valutando le implicazioni negative del corso forzoso sull'importazione di merci estere, recependo le risultanze in itinere dell'Inchiesta industriale (della quale fu prima vicepresidente, poi, dal 1872, presidente), considerando la fondatezza delle istanze protezionistiche avanzate da numerosi produttori e riconoscendo la validità del metodo induttivo applicato all'economia, Luzzatti mise in discussione i fondamenti del liberismo radicale manchesteriano ed elaborò la dottrina dello "statalismo sussidiario", uno dei cui primi banchi di prova fu la trattativa condotta nella primavera del 1873 con J. Ozenne, inviato francese, sulla quaestio delle materie prime, sollevata da A. Thiers, alla quale fecero seguito ulteriori negoziati (Luzzatti vi svolse un ruolo di primo piano, essendogli stata nel frattempo affidata la presidenza della Commissione per la riforma della tariffa doganale), che portarono alla tariffa doganale semiprotezionistica del 1878 e al rinnovo dei trattati di commercio con Francia, Svizzera e Austria-Ungheria. Tale dottrina comportava tra l'altro l'adozione di un nuovo indirizzo di politica commerciale, inteso a bruciare ogni utopia di sviluppo speculare al teorema ricardiano dei costi comparati, il che si risolveva in una scelta di campo industrialista, per quanto non ancora del tutto lineare e coerente. Ciò non sfuggì a Ferrara, che nell'agosto 1874 attaccò Luzzatti e la "scuola lombardo-veneta" (spregiativamente definita "germanista", con esplicito riferimento all'asserita sua sudditanza nei confronti del Kathedersozialismus di Adolph Wagner e perfino di François-Noël Babeuf), in un celebre articolo pubblicato nella «Nuova Antologia», al quale Luzzatti rispose nella stessa sede, rivendicando il carattere sperimentalista e storicista della propria posizione, postulando l'esigenza di un nesso tra etica ed economia, e facendo notare che anche nella liberalissima Inghilterra si erano succeduti, tra il 1833 e il 1874, ben quindici "Factory and Workshops Acts", volti a tutelare la salute degli operai, specie donne e fanciulli. La polemica ebbe quale esito la nascita dell'Associazione per il progresso degli studi economici in Italia (fiancheggiata dal «Giornale degli economisti») e della Società A. Smith: la prima, guidata da Luzzatti, interventista nei processi economici; diretta da Ferrara e rigidamente liberista la seconda: entrambe espressione di due diversi modi di concepire la crescita economica del Paese.
Caduta la Destra e rassegnato il mandato di negoziatore dei trattati commerciali, perché "intimamente legato con la fiducia ministeriale" (Memorie, II, p. 2), Luzzatti si dedicò con rinnovato impegno a diffondere la cooperazione di credito e pose le basi dell'Associazione fra le banche popolari; intensificò l'attività giornalistica, intervenendo ripetutamente ne «L'Opinione» e redasse il programma per l'Associazione costituzionale di Venezia. Il presidente del Consiglio A. Depretis, pur non rinnovandogli sul piano formale quella "sorta di delega esclusiva" per la conduzione delle trattative commerciali concessagli da Minghetti, gli riconobbe di fatto un ruolo "assai vicino a quello di un ministro senza portafoglio" (Bonelli, 1985, pp. 44 s.), pressandolo con frequenti richieste di notizie, suggerimenti e consigli, non solo in materia doganale, bensì pure fiscale, finanziaria, monetaria e creditizia. Nel corso degli anni '80, di fronte agli effetti devastanti della crisi agraria, Luzzatti condivise le responsabilità politiche della svolta protezionistica del 1887 (fu lui a presentare alla Camera la relazione della commissione parlamentare sul nuovo progetto di tariffa generale), non solo per "difendere" l'agricoltura nazionale dalla caduta dei prezzi e dalla concorrenza dei grani americani e russi, ma pure per accrescere le entrate dell'Erario e, soprattutto, per sostenere l'industria, segnatamente siderurgica, oltre che metallurgica, meccanica e tessile.
Divenuto presidente della giunta centrale del Bilancio (1886-1891), Luzzatti criticò il ministro Magliani per la sua politica di deficit spending, imputandogli di aver portato il bilancio dello Stato al limite di rottura dell'unità fiscale, dato che, sommando le due categorie delle entrate e delle spese effettive con il movimento dei capitali, aveva fatto registrare come avanzo generale ciò che in realtà era un disavanzo. Gli rimproverava, inoltre, di trattare le spese dei ministeri della Guerra, della Marina e dei Lavori pubblici come straordinarie e di computarle fuori bilancio, fronteggiandole interamente con il debito pubblico, pur sapendo che si trattava di spese ricorrenti; donde l'urgenza di puntare alla conversione e al successivo ammortamento del debito pubblico, adottando una politica di rigore e di risanamento.
Quando però, caduto il secondo governo Crispi e subentratogli il primo governo Rudinì (9 feb. 1891 - 15 mag. 1892), Luzzatti assunse la responsabilità del Tesoro (con l'interim delle Finanze, dal 22 apr. 1892), non fu all'altezza della situazione. Tornato alla guida del Tesoro nel terzo, quarto e quinto governo Rudinì (1896-1898), quando ormai si avvertivano i primi segni dell'inversione del ciclo economico mondiale, Luzzatti mise a punto una strategia volta a stringere nuove convenzioni con la Banca d'Italia, a favorirne il risanamento patrimoniale, ad accelerarne gli smobilizzi, a rendere più rigorosa la politica delle riserve, a meglio garantire i portatori dei biglietti. Si adoperò pure per il salvataggio del Banco di Napoli, che versava in gravi difficoltà per aver consumato sia il suo capitale sia la massa di rispetto. Tra gli ulteriori provvedimenti finanziari ascrivibili a Luzzatti tra il 1896 e il 1898, vanno menzionati il contenimento degli oneri pensionistici relativi agli impiegati dello Stato e alcune conversioni del debito pubblico, tra le quali una sul valore del debito stesso e un'altra sulla spesa per interessi. Per ciò che attiene al controllo sulla gestione dei bilanci, sua fu l'iniziativa del r.d. 4 gen. 1897, n. 2, che faceva obbligo al ragioniere capo di ogni ministero di redigere all'inizio del mese un prospetto che contenesse, suddivisi per capitolo, tutti gli impegni assunti in relazione ai relativi stanziamenti. Non può infine essere dimenticato che Luzzatti fu il vero artefice dell'accordo commerciale tra Italia e Francia del 21 nov. 1898, che pose fine alla guerra doganale tra i due Paesi. (P. PECORARI)

Negli anni di fine secolo, Luzzatti non condivise l'analisi del sistema parlamentare e la proposta del Torniamo allo Statuto di Sonnino, che accusò di voler "sostituire al Governo di Gabinetto, quale si esplicò in Italia dal 1848 sino a oggi, l'istituto imperiale del Cancelliere irresponsabile dinanzi al Parlamento, fingendo di ignorare che le maggiori sventure, le quali hanno colpito il nostro paese, si devono alla violazione della volontà retta e sana delle Camere" (Il Ministro Luzzatti agli elettori del collegio di Abano, in «L'Opinione liberale», 18 mar. 1897). Rieletto alla Camera nel 1900, sostenne il ministero Saracco, collaborando in maniera decisiva a far approvare una nuova legge sull'emigrazione quando ormai gli italiani censiti all'estero raggiungevano 1/10 della popolazione totale. La legge introdusse sostanziali novità nella normativa, rivelandosi efficace per il controllo e la tutela dell'emigrante (l. 31 gen. 1901, n. 23).
Nella Camera all'inizio del '900 - quando il "gruppo" costituito intorno a Rudinì non aveva più la precedente caratterizzazione organizzativa, pur mantenendo una fisionomia unitaria per le comuni posizioni laiche di "conservatori ma liberali" dei suoi componenti, per la comune concezione dei rapporti fra Stato e Chiesa e per la tradizionale francofilia - Luzzatti passò all'opposizione del ministero Zanardelli (15 feb. 1901 - 3 nov. 1903), nel quale Rudinì aveva cercato, senza successo, per l'opposizione dei radicali, di farlo inserire come ministro del Tesoro. Luzzatti prese pure l'iniziativa per l'istituzione della Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e vecchiaia degli operai e della Cassa nazionale infortuni, presentando alla Camera, nel 1904, un apposito disegno di legge. Con l'obiettivo di far intervenire lo Stato a sostegno degli emigranti sostenne l'assegnazione delle rimesse al Banco di Napoli, per dare "al denaro degli emigrati una sicurezza uguale a quella goduta dai fondi del Tesoro stesso all'estero" (Atti parlamentari, Camera dei deputati, XX legislatura, Ia sessione, Documenti Disegni di legge e relazioni, n. 204, p. 8). Il provvedimento autorizzò il Banco di Napoli ad accollarsi il servizio e la sua organizzazione (l. 4 feb. 1901, n. 29); in tal modo, con l'apertura di una filiale a New York, fu la prima banca italiana a operare nel continente americano. Frutto di un'altra proposta di legge di Luzzatti fu l'assegnazione al Banco dell'esercizio del credito agrario nel Mezzogiorno continentale e in Sardegna. Con l. 7 lug. 1901, n. 334, la Cassa di risparmio, annessa al Banco, fu autorizzata a impiegare una parte delle sue risorse per il credito a consorzi e a istituti agrari.
La sua opera nel campo della mutualità del credito, specialmente agrario, attivò in Italia altre importanti iniziative ed ebbe una vasta eco all'estero: fu presa a esempio dapprima in India, poi in Egitto. Al principio del '900, senza incarichi di governo, Luzzatti continuò l'insegnamento di diritto pubblico, promosse la ripresa del vecchio «Archivio di diritto pubblico» fondato nel 1891 a Palermo da V.E. Orlando, con il quale pubblicò a partire dal 1902 l'«Archivio del diritto pubblico e dell'amministrazione italiana», che costituì un'importante, autonoma presenza nel settore giuspubblicistico e che continuò nel 1909 come «Rivista di diritto pubblico e della pubblica amministrazione in Italia».
Sul piano politico, Luzzatti indicò fin dal 1901 il "problema nuovo" della politica estera italiana: quello del coordinamento fra il rinnovo della Triplice Alleanza e i "nuovi, amichevoli rapporti fra l'Italia e la Francia" (Atti parlamentari, Camera dei deputati, XXI legisl., Ia sessione, Discussioni, tornata dell'11 giugno 1901, p. 5006), che vennero definiti l'anno successivo negli accordi Prinetti-Barrère, con l'attivo contributo di Luzzatti, di Rudinì e di Visconti Venosta. Nominato di nuovo ministro del Tesoro nel secondo ministero Giolitti (3 nov. 1903 - 12 mar. 1905) e ad interim delle Finanze (fino al 24 nov. 1904), Luzzatti sostenne il progetto, che aveva condiviso con Stringher, per la costruzione della banca centrale italiana, e tutte le iniziative tendenti al rafforzamento delle banche di emissione che indicò, dopo la crisi del 1907, come le sedi idonee a realizzare forme di cooperazione internazionale e necessarie per affrontare i nuovi problemi, già allora emergenti, del XX secolo. Il suo obiettivo principale fu costituito comunque dalla conversione della rendita 5% lordo, che però dovette rinviare a dopo il primo semestre 1904, periodo che aveva inizialmente previsto per l'operazione: lo scoppio della guerra russo-giapponese e le ripercussioni del conflitto sui mercati finanziari lo obbligarono a dare la precedenza all'esercizio di Stato delle ferrovie rispetto alla conversione. Rieletto nelle elezioni dell'ottobre 1904, Luzzatti, che aveva negato la fiducia a entrambi i governi Fortis, accettò invece l'incarico di ministro del Tesoro nel primo ministero Sonnino (8 feb. - 29 mag. 1906), proprio per realizzare la conversione della rendita. In questa prospettiva sostenne la candidatura di Visconti Venosta come rappresentante dell'Italia alla conferenza di Algeciras (1906) - gradita dalla Francia, il cui ruolo era importante per la riuscita della conversione della rendita - e incaricò Stringher di riprendere le trattative a Parigi con la casa Rothschild. Le dimissioni del ministero e la formazione del terzo governo Giolitti (29 maggio 1906 - 11 dic. 1909) ne provocarono temporaneamente l'interruzione. Luzzatti, non più al governo, continuò a seguire, per incarico di G. Giolitti, insieme con il ministro A. Majorana, le difficili trattative condotte da Stringher a Parigi; riprese il 13 giugno, si conclusero il 20 successivo mediante la stipula di un contratto con un imponente gruppo finanziario francese, tedesco e britannico, riunito in consorzio. L'operazione della "grande conversione" fu realizzata dal Tesoro, secondo le indicazioni di Luzzatti, con il concorso di un consorzio bancario internazionale, presieduto dalla casa Rothschild di Parigi.
La conversione del consolidato 5% lordo (8 miliardi e oltre 100 milioni), il cui saggio venne ridotto al 3,75% per un quinquennio e poi, automaticamente, al 3,5% (l. 29 giu. 1906, n. 262 e r.d. 29 giu. 1906, n. 268), fu un successo, anche per le esigue richieste di rimborso da parte dei portatori nazionali ed esteri; consentì una importante riduzione dell'incidenza degli interessi sul debito fluttuante e consolidato - 20 milioni all'anno nel primo quinquennio e 40 milioni in seguito - e rappresentò l'ultimo atto di una "lunga operazione di riacquisto, da parte dell'Italia, della propria autonomia finanziaria" (De Cecco, M. De Cecco, L'Italia e il sistema finanziario internazionale: il contributo di Luigi Luzzatti, in Finanza e debito pubblico in Italia tra '800 e '900. Atti della seconda Giornata di studio su Luigi Luzzatti, 1994, a cura di P. Pecorari, Venezia 1995, pp. 39 s.).
Dopo la morte di Rudinì (1908) Luzzatti cercò, con C. Fani, di riorganizzare il "gruppo" parlamentare con esponenti dei settori di Centro e di Destra della Camera dei deputati, ma senza successo, né prima delle elezioni del marzo 1909, né durante il secondo ministero Sonnino (11 dic. 1909 - 31 mar. 1910), al quale partecipò come ministro di Agricoltura, industria e commercio con l'obiettivo, fra l'altro, di costituire il ministero del Lavoro e di dargli "la piattaforma sulla quale svolgere l'azione riformatrice compresa nel suo programma" (Memorie, III, p. 355), in particolare l'istituzione di una "banca del lavoro" (con r.d. 15 ago. 1913, n. 1140 nacque poi l'Istituto nazionale di credito per la cooperazione).
Dopo le dimissioni del breve governo Sonnino, Luzzatti ebbe l'incarico di costituire il ministero. "Lo stragrande voto di fiducia del 28 aprile, il più largo nella storia parlamentare italiana, costituì, anziché la forza, la debolezza del gabinetto [ ... ]. La confusione parlamentare, per la quale si erano visti votare sì amici ed avversari del ministero, era di per sé insidiosa, ma in particolare doveva indebolire la sua posizione sulla sinistra, ove si mirava alla differenziazione dei partiti quale obiettivo irrinunciabile" (Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana: liberali e radicali alla Camera dei deputati, 1909-1913, vol. II, Roma 1979, p. 677). Luzzatti, che assunse anche la responsabilità del dicastero dell'Interno, cercò di caratterizzare il suo governo, basato su una coalizione fra i "giolittiani" e radicali, con un programma economico e sociale e con un indirizzo di politica ecclesiastica sintetizzato nella formula "libera Chiesa nello Stato sovrano", che furono interpretati come un segno di cambiamento, ma che perseguivano soprattutto il tentativo di riunire le forze liberali affini, favorendo la differenziazione dei partiti. I disegni di legge incontrarono diffuse riserve e ostilità. Aumentarono poi, nella maggioranza che sosteneva il ministero, le opposizioni per gli interventi di Luzzatti in favore dei "blocchi popolari" o "liberali popolari" nelle elezioni amministrative, per le posizioni tenute dal governo in occasione della durissima lotta fra le organizzazioni bracciantili socialiste e i mezzadri repubblicani in Romagna e, in generale, per la tutela dell'ordine pubblico in occasione degli scioperi ferroviari, agrari e industriali della primavera 1910. L'intervento di Giolitti alla Camera, il 18 marzo 1911, a favore del suffragio quasi universale maschile, provocò un cambiamento di posizioni e di schieramenti e dunque la crisi del ministero Luzzatti, durante il quale era stato accelerato l'iter del disegno di legge "Provvedimenti per l'istruzione elementare e popolare" (divenuto poi l. 4 giu. 1911, n. 487) ed era stata definita la soluzione al problema degli aiuti all'industria marittima. La posizione assunta da Giolitti obbligò l'opposizione costituzionale a ripensare tattica e prospettive di alleanza, l'Estrema Sinistra a "ridefinirsi" anche in relazione a un programma di governo nel quale figuravano il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita - Luzzatti non partecipò né al dibattito sul relativo disegno di legge, né alla votazione dell'11 maggio 1912 per deliberare il passaggio alla discussione degli articoli - e il suffragio quasi universale maschile.
La guerra di Libia - di cui Luzzatti valutò inizialmente con preoccupazione gli aspetti militari, gli oneri finanziari e le possibili ripercussioni internazionali, ma che poi sostenne - contribuì a modificare ulteriormente gli schieramenti parlamentari prima del voto sulla riforma della legge elettorale politica. Analizzando il sistema parlamentare Luzzatti indicò la sua preoccupazione nella prospettiva del suffragio quasi universale maschile (l. 30 giu. 1912, n. 665) e i problemi del futuro: "salvare i Parlamenti dal despotismo degli elettori muniti del suffragio più largo - annotò nel 1911 - gli elettori dal despotismo dei Parlamenti, sovratutto di salvare le libertà costituzionali dagli uni e dagli altri" (Le cure costituzionali, in «Nuova Antologia», 16 dic. 1911, p. 648). Nelle elezioni del 1913, Luzzatti fu rieletto con l'appoggio dell'Unione cattolica elettorale italiana.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel dibattito su intervento o neutralità fu più vicino a Giolitti che ad A. Salandra, ma con forti accenti patriottici. "Da questo diluvio universale che scuote le fondamenta dell'Europa, un grande pensiero consolatore emerge ed è che, se si perdette la visione dell'umanità, il culto della patria si avviva e si purifica - scrisse l' 11 ago. 1914 -. Infatti non vi sono più partiti, cessano le divisioni; gli stessi socialisti e sindacalisti più ribelli, contraddicendo alla solennità delle loro deliberazioni, marciano alla frontiera. Una breve analisi dei principali paesi basta a dimostrarlo". (Grandi italiani, grandi sacrifici per la patria, Bologna 1924, p. 31l). Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, sostenne la scelta con grande impegno, condividendo i fini della "nostra guerra".
Luzzatti ebbe l'ultimo incarico governativo come ministro del Tesoro nel gabinetto Nitti (14 mar. - 21 mag. 1920). Ribadì in quei mesi le sue critiche alle principali clausole finanziarie del trattato di pace di Saint-Germain; ripropose alla conferenza di Genova (10 aprile - 19 maggio 1922) la costituzione di una Camera internazionale di compensazione per mitigare l'asprezza dei cambi e per favorire la collaborazione delle banche d'emissione europee, anche mediante periodiche conferenze internazionali. Poco dopo aver compiuto 80 anni (e il 50° anniversario di attività parlamentare), Luzzatti fu nominato senatore del Regno (10 apr. 1921), alla vigilia delle elezioni politiche. Critico sugli effetti del sistema proporzionale, che giudicava negativamente per le divisioni che provocava, sostenne, fin dal 1921, che "i tempi difficili impongono a coloro che amano il proprio paese l'obbligo patriottico di unirsi". In tale prospettiva, accettò l'ascesa al potere di B. Mussolini e non passò all'opposizione neppure dopo le elezioni del 1924 e il delitto Matteotti; fu critico nei confronti della scelta dell'Aventino fatta da quasi tutti i gruppi di opposizione alla Camera, ritenendo l'abbandono dell'aula contrario ai doveri della rappresentanza parlamentare; non firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti; sostenne con la sua attività pubblicistica la "battaglia del grano" (1925) e le scelte di politica economica e finanziaria del fascismo.
Luzzatti continuò a essere operoso anche gli ultimi anni di vita: nell'agosto 1922 inaugurò l'Università della cooperazione, da lui concepita e voluta; nel 1924 concorse a fondare l'Istituto nazionale di igiene, assistenza e previdenza; l'anno successivo continuò a occuparsi dei problemi della cooperazione anche come presidente onorario della Confederazione generale della cooperazione italiana.
Dopo una breve infermità, Luzzatti morì a Roma il 29 marzo 1927. (P. L. BALLINI).

Storia archivistica

Dopo la scomparsa di Luigi Luzzatti, il 29 marzo 1927, gli eredi si posero subito il problema sul come conservare e valorizzare il patrimonio documentario lasciato dell'insegne personaggio. Considerate varie possibilità, Aldo Luzzatti, uno dei figli, scrisse al segretario dell'IVSLA, Giovanni Bordiga, chiedendo se l'Istituto fosse interessato ad accogliere il lascito di carte, libri, fotografie, mobili, ricordi personali (cfr. Archivio IVSLA, b. Lascito Luzzatti, fasc. Donazione Luzzatti, lettera 12 febbraio 1930).
Con decisione presa all'unanimità nell'adunanza del 23 febbraio 1930, la proposta venne accettata (cfr. Archivio IVSLA, b. Lascito Luzzatti, fasc. Biblioteca del m.e. Luigi Luzzatti ) e archivio, biblioteca, mobilio e ricordi di vario genere di Luigi Luzzatti vennero donati all'Istituto con atto 25 marzo 1932, affinché fossero conservati e messi a disposizione del pubblico e degli studiosi, secondo tempi e modalità IVSLA Il R. D. 9 febbraio 1933 autorizza l'IVSLA ad accettare la donazione.
La biblioteca arrivò a Venezia nel giugno 1932, mentre l'archivio rimase a Roma, ospitato dall'Accademia Nazionale dei Lincei per più di trent'anni, in quanto serviva alla pubblicazione di Opere e Memorie, testi in cui Luzzatti aveva iniziato a raccogliere i suoi innumerevoli scritti, che verranno portati a termine da Elena Carli e da un gruppo di fedeli allievi. La documentazione giungeva a Venezia a pacchi man mano che procedeva la pubblicazione dei testi, finché, dopo la scomparsa di Elena Carli (1963) e la pubblicazione dell'ultimo volume delle Memorie (1966), non fu completato il trasferimento con l'invio di 40 casse. Nel 1969 tutto il patrimonio documentario di Luigi Luzzatti è a Venezia e l'Istituto, grazie anche a contributi ricevuti dall'Istituto Centrale delle banche popolari italiane, malgrado le condizione precarie in cui versa la sede, riesce ad impostare i lavori per la conservazione dell'archivio.
Nel 1972 viene affidato un incarico per il riordino e un primo inventario (almeno di buste e fascicoli) alla signorina Lina Frizziero, collaboratrice dell'allora direttore dell'ASVe e socio effettivo amministratore dell'IVSLA, Luigi Lanfranchi. Ci si rese conto subito che il materiale pervenuto senza portar traccia dell'ordinamento originario, assemblato in funzione della redazione delle Memorie e delle Opere. Il lavoro della Frizziero proseguì per oltre 5 anni, venne interrotto dai lavori di restauro del palazzo, ripreso e concluso all'inizio degli anni Ottanta. Alla conclusione dell'incarico vengono consegnati 250 faldoni (50 di stampati, 50 di corrispondenti, individuati in via provvisoria, e 100 relativi alla sezione tematica); un elenco delle buste e un abbozzo d'inventario a livello di fascicolo. L'archivio venne quindi aperto agli studiosi ed iniziarono le richieste di consultazione.
Nel 1982 si poté usufruire di un altro contributo dall'Istituto Centrale delle banche popolari italiane, che permise di portare avanti l'opera iniziata; nel 1985, terminati i lavori di restauro, si collocò la biblioteca in ampia stanza del terzo piano di palazzo Loredan, dove successivamente vennero sistemate anche le carte d'archivio
Gli studiosi cominciarono ad interessarsi all'archivio ed alcuni in particolare, quali Pier Luigi Ballini e Paolo Pecorari approfondirono i loro studi su queste carte e s'impegnano nella valorizzazione dell'archivio. Maria Gottardi e Maria Carla Monico collaborano al completamento dell'inventariazione, compilando delle schede cartacee ricche di riferimenti incrociati. Nel 1987 nacque una commissione scientifica (presieduta da L. Mazzarolli, composta da P.L. Ballini, P. Pecorari e S. Franchini), con lo scopo di promuovere progetti di valorizzazione del patrimonio Luzzatti e per la pubblicazione della collana Biblioteca Luzzattiana. Fonti e studi.
Nel 2001, grazie ad un contributo finanziario dallo Stato italiano, prese avvio la descrizione informatizzata dell'archivio secondo gli standards internazionali, che ha portato alla creazione di un data base consultabile in rete a cura di Monica Del Rio e Francesca Sardi, nell'ambito del progetto Archivi del Novecento, curato dal Consorzio BAICR (cfr. Sandro Franchini, Le carte di Luigi Luzzatti per la storia d'Italia, in «Clio», 2007/4, pp. 625-639).

Modalità di acquisizione

Donazione (atto 25 marzo 1932; autorizzata con R.D. 9 febbraio 1933).

Criteri di ordinamento

Il fondo è ordinato così come è giunto al momento della presente descrizione archivistica. Risulta articolato in due sezioni: 1. Corrispondenza: la sezione è costituita da fascicoli intestati a persone o enti, corrispondenti di Luigi Luzzati e da fascicoli cronologici; 2. Atti: la sezione raccoglie tutta la documentazione, di carattere diverso, relativa ad ambiti specifici dell'attività di L. Luzzatti, indicati nell'intestazione dei fascicoli.

Consultabilità

La consultazione è libera nel rispetto della legislazione nazionale vigente, presso la sede dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, solo ed esclusivamente previo appuntamento.

Fonti collegate

Archivio centrale dello Stato, Carte Luigi Luzzatti

Bibliografia

Sandro Franchini, Le carte di Luigi Luzzatti per la storia d'Italia, in «Clio», 2007/4, pp. 625-639

Persona

Ente

Bibliografia/Fonte

Inventario